Misteri

Il tragico destino di Vanda Serra

Un caso ancora aperto

Vanda Serra è figlia del podestà di Aidomaggiore; la sua, una famiglia benestante, ma logorata per l’allontanamento da casa della madre Amalia, andata a vivere altrove portando con sé i figli più piccoli e lasciando il marito e la figlia Vanda nel paesello.

E’ il 7 gennaio del 1925; Vanda, quel pomeriggio, percorre la strada di casa. Alcuni l’hanno incontrata e salutata, ma lei, quello stesso giorno, scompare nel nulla, proprio in quel breve tragitto che la separa da un punto mai stabilito alla sua abitazione. Ha 12 anni, è una ragazza alta e bellissima. Il padre, quella sera d’inverno, vedendo che la figlia non fa ritorno a casa, allarmato la cerca, chiede in giro se qualcuno ha sue notizie.

Qualcuno, ripeto, l’ha vista dirigersi verso casa, ma poi più nulla. Gli abitanti di Aidomaggiore, con l’intervento delle forze dell’ordine, decidono di setacciare il paese: di Vanda nessuna traccia. Così, si dispone di entrare in ogni casa dell’abitato cercando in ogni stanza e soprattutto nei pozzi dei giardini. Il podestà intanto, la sera stessa, riceve una lettera anonima con una richiesta di riscatto di 80 mila lire: in cambio avrebbe riavuto la figlia. La notte tra il 7 e 8 di gennaio le ricerche non portano a nessun esito, quindi qualcuno si convince di essere ormai al sicuro. La mattina dell’8 però, la cittadina è in totale subbuglio: la popolazione vuole ad ogni costo proseguire le ricerche andando a cercare anche dove, secondo alcuni, non si sarebbe dovuto, ossia nelle case degli insospettabili, di quelli che si fanno notare per il troppo zelo. Viene esaminata la canonica e poi, a pensarci bene – perché no? – anche la casa della signorina Peppa Rosa Zìulu, che partecipa attivamente alle ricerche e consola il povero podestà. Peppa Rosa in quel periodo, e sempre più di frequente, si accompagna al sacerdote, il canonico Giovanni Spanu.

Si racconta che la Zìulu fosse una donna molto devota e credente, che non mancasse mai alle messe e che si confessasse di continuo, forse troppe volte. Quando le forze dell’ordine irrompono nella sua casa, notano qualcosa avvolta in un lenzuolo nel cesto della biancheria. Purtroppo è il corpo senza vita di Vanda. La donna, interrogata, prima nega, poi accusa dell’omicidio il sacerdote Spanu, che a sua volta rilancia le accuse contro Peppa Rosa. Ormai non ci sono più dubbi: gli assassini sono loro. Si scopre anche che i due sono amanti, e che hanno premeditato il rapimento a scopo di estorsione. Subito dopo l’omicidio, mentre Peppa Rosa si era unita ai compaesani prendendo parte alle ricerche della ragazza, il sacerdote si reca a Domusnovas, dove avrebbe ritirato i soldi del riscatto, e il giorno dopo ad Oristano per mettersi in fuga. Ma qui viene seguito ed infine tratto in arresto. Nell’archivio storico del Comune non ci sono atti processuali riguardanti il delitto, né risultati di un’autopsia sul corpo di Vanda. Negli Atti vescovili ci sono solo la sua data di nascita e di morte, nient’altro. Lo scrittore Costantinu Cadone riporta sommariamente i fatti nel suo “racconto verità” .[1] Racconta in lingua sarda che i due criminali avrebbero attirato la ragazza nella casa della Ziulu e lì, senza successo, avessero tentato di strangolarla. Cadone racconta inoltre che il prete avrebbe ordinato a Peppa Rosa di andare in cucina a prendere l’accetta, e mentre il sacerdote immobilizzava Vanda, la donna la colpiva, al volto e al capo.

Il processo si svolge ad Oristano e si conclude il 19 marzo del 1926 con la condanna a 30 anni di carcere per entrambi.

Di Vanda ci rimangono una foto e la lapide, che si trova al lato di quella della sua sorellina Tina, morta anche lei prematuramente. Di Peppa Rosa Zìuliu sappiamo qualcosa in più: dopo aver scontato parte della pena, fa rientro ad Aidomaggiore; la sua casa è confiscata e lei costretta a vivere fino alla fine dei suoi giorni in una stanzetta di fronte a quella che un tempo era stata casa sua. Da quella umida stanza ogni giorno guardava la sua dimora di un tempo senza poterci più entrare. Ma a lei non importa più nulla di ciò che ha perduto. Peppa Rosa da allora vive nella miseria più nera: dicono che portasse delle scarpe fatte con degli stracci e che non accettasse aiuto dai più compassionevoli. I bambini la temevano e la evitavano. Lei non salutava nessuno che incontrasse sulla sua strada, il capo sempre chino. Dicono che fosse cambiata radicalmente, e che addirittura provasse pena persino per un ratto morto. Per lei una tomba senza croce, forse nel cimitero di Sedilo, dove muore in uno squallido ospizio. Lei sì che aveva pagato, con la galera e l’espiazione a vita. Non sappiamo dove sia stata rinchiusa: nel carcere di Oristano, all’epoca dei fatti, non c’era ancora la sezione femminile, né sappiamo se il canonico Spanu sia mai stato detenuto. Dalle nostre ricerche non c’è traccia del suo ingresso in nessun carcere dell’oristanese, sappiamo solo che è morto nella sua dimora nel suo paese d’origine, Sindìa. Le indagini, da parte nostra, sono ancora aperte. Vi invitiamo ad aiutarci in qualunque maniera. Grazie.

Per Vanda….

Wanda Serra no est mai imentigada

Ca est sempre presente cuddu visu

Godende in su santu paradisu

In corte celeste incoronada.

Sos martirios e penas chi has sufertu

Lu godis in su ghelu cussu est certu.

Costantinu Cadone

La documentazione sul caso Vanda Serra è tratta dallo scritto del 1926: “Sa morte de Wanda Serra de Bidumaggiore”,  di Costantinu Cadone.


1

Ringrazio gli utenti del Centro di Aggregazione Sociale di Aidomaggiore che mi hanno fornito gran parte delle informazioni riguardo al caso Vanda Serra.

Elisa Monica Magario

Emily Volta

Foto: Diego Pittalis;

Percorsi di Sardegna.